La newsletter speciale di oggi presenta la seconda parte della guida alla questione Cina - Taiwan. Nella prima parte ci siamo occupati della storia di Taiwan, fondamentale per comprendere le origini dell’attuale situazione di incertezza.
Cina e Taiwan: una premessa geografica
Dove si trova Taiwan? Osserviamo alcune mappe e facciamo qualche considerazione.
La Cina e gli sbocchi sull’Oceano Pacifico
Partiamo dalla Cina: un Paese che occupa un vasto territorio dell’Asia centro-orientale e si affaccia sull’Oceano Pacifico sul versante est, in particolare:
a nord-est si affaccia sul Mar Giallo
a est si affaccia sul Mar Cinese Orientale
a sud-est si affaccia sul Mar Cinese Meridionale.
Perché si chiamano “Mari” se abbiamo detto che la Cina si affaccia sull’Oceano Pacifico? Perché le acque delle coste cinesi sono chiuse da una fitta cintura di isole, maggiori e minori, che partono dal Giappone e arrivano fino ai paesi del Sud Est asiatico.
Questa particolare conformazione del territorio fa sì che la Cina continentale abbia l’accesso all’Oceano Pacifico interdetto, o comunque limitato, da quella che gli stessi cinesi chiamano la “cintura primaria di isole”.
Nella cintura primaria che incombe sulle coste della Cina, sta il primo indizio che ci porterà alla questione Cina - Taiwan.
Taiwan e l’isola di Formosa
Tra il Mar Cinese Orientale e quello Meridionale sorge un’isola che costituisce il principale territorio di Taiwan: l’isola di Formosa.
L’isola di Formosa è grande come Sardegna e Corsica messe insieme, ospita una popolazione di oltre 23 milioni di abitanti e costituisce il territorio di Taiwan insieme ad altre isole minori situate nel Pacifico e nello stretto di Taiwan (la fascia di mare tra l’isola di Formosa e la Cina continentale).
A nord di Taiwan puoi notare che c’è il Giappone, a sud ci sono le Filippine, a est c’è l’Oceano Pacifico e a ovest, a soli 140 km di distanza, c’è la Cina continentale.
L’importanza geopolitica di Taiwan
Quindi ricapitolando: l’unico sbocco sull’oceano della Cina è interamente filtrato dalla presenza di altri stati insulari oltre a Taiwan.
Una Taiwan controllata dalla Cina significa per quest’ultima avere uno sbocco libero sul Pacifico: basi aeree e navali in avanscoperta, maggiori acque territoriali, spazi aerei liberi di essere attraversati nonostante la presenza di altri paesi nella cintura di isole.
Una Taiwan indipendente, magari alleata con altri paesi, completa la barriera composta dalla cintura di isole e diventa anche un potenziale luogo per un insediamento militare ostile alla Cina Popolare, a pochissima distanza dal territorio continentale.
Ora che abbiamo ripassato la geografia e assaggiato il valore geopolitico di Taiwan, andiamo a vedere la situazione politica attuale.
La visione di Taiwan: perché si reputa diversa dalla Cina
Oggi i cittadini di Taiwan non si reputano più cinesi in esilio dal 1949 ma effettivi taiwanesi con la propria cultura indipendente e non conciliabile con quella della Cina soprattutto per tre motivi:
la natura democratica di Taiwan
la fusione con le popolazioni aborigene dell’isola
l’influenza del colonialismo giapponese (abbiamo già visto che la popolazione ricorda il dominio giapponese dell’isola di Formosa come una fase positiva da punto di vista socio-economico).
Per questi 3 motivi Taiwan rifiuta l’appartenenza alla Cina e, in nome del principio di autodeterminazione dei popoli, si considera uno stato indipendente.
Il sentimento nazionale democratico e il rifiuto di annettersi alla Cina autoritaria sono molto sentiti dalla popolazione, così come la consapevolezza di essere nelle mire della Cina Popolare. Lo vediamo da 2 fattori:
La preparazione militare
Nonostante parliamo di una economia avanzata con industrie, attività terziarie e ricchezza distribuita, la popolazione è pronta e addestrata per un’eventuale difesa militare dell’isola.
La politica
A differenza della Cina Continentale, a Taiwan si possono costituire e votare più partiti. I principali sono il Kuomintang (lo stesso partito che fu di Chiang Kai-Shek) e il Partito Progressista Democratico, entrambi storicamente contrari alla riannessione alla Cina continentale.
Tuttavia negli ultimi 20 anni il Kuomintang ha cambiato posizioni tendendo a riavvicinarsi alla Cina Popolare, ma questo cambiamento non lo ha favorito nel consenso elettorale: ad oggi Partito Progressista ha la maggioranza nel paese.
La volontà popolare, da un punto di vista delle elezioni democratiche, è abbastanza chiara.
La visione della Cina: perché continua a minacciare Taiwan
La Repubblica Popolare Cinese considera da sempre Taiwan come una provincia ribelle e ha cercato a lungo di riunificarla al continente, anche con la forza.
Tuttavia, da quando è entrata nelle Nazioni Unite nel 1971, la Cina Popolare ha cercato una strada alternativa a quella militare per raggiungere l’obiettivo, puntando su economia e diplomazia.
Da una parte ha favorito gli interscambi commerciali e turistici tra Cina e Taiwan, nel tentativo di rendere più interdipendenti i due territori e convincere la popolazione di Taiwan all’annessione volontaria alla Cina continentale. Ad oggi possiamo considerare non riuscito questo tentativo. L’interscambio commerciale c’è e giova a entrambe le parti, ma non è servito a rendere più filocinese la popolazione di Taiwan.
Sul piano internazionale, la Repubblica Popolare Cinese ha puntato a persuadere gli stati che riconoscevano le istituzioni di Taiwan minacciando ripercussioni commerciali qualora avessero continuato a trattare con la Repubblica di Cina come se fosse un paese autonomo. Questa seconda strategia ha funzionato decisamente meglio: defezione dopo defezione, oggi sono solo 13 gli stati che riconoscono ufficialmente Taiwan come entità indipendente.
Xi Jinping e la grande riunificazione del 2049
Con l’avvento di Xi Jinping alla guida della Cina Popolare, è ritornato lo spettro dell’azione militare.
Nelle linee programmatiche e ideologiche dell’attuale leader vi è infatti la riunificazione di tutti i territori cinesi alla madrepatria, da completarsi entro il 2049, centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese.
Una data di scadenza ancora più minacciosa se consideriamo che negli ultimi 10 anni la marina militare cinese, storicamente poco sviluppata, è stata potenziata fino a raggiungere oggi la capacità di competere con quella statunitense.
Quali altre nazioni sono coinvolte?
La disputa tra Cina e Taiwan coinvolge molte nazioni, direttamente o indirettamente, in particolare a causa delle alleanze strategiche e degli interessi economici nella regione.
Il Giappone e gli altri paesi della cintura primaria di isole
Diversi paesi dell’Est asiatico, come Giappone, Filippine, Malesia, Indonesia sono interessati al mantenimento della stabilità nella regione ma temono fortemente l’espansione militare della Cina.
Nei mari interni alla prima cintura di isole, il Giappone e praticamente tutti i paesi hanno almeno una contesa territoriale aperta con la Cina sulla sovranità di alcune isole minori.
Le dispute hanno un peso strategico non solo per i territori in sé ma anche perché riguardano la competenza delle acque circostanti, pescose e ricche di idrocarburi: risorse molto ambite da un paese che aspira a diventare la prima potenza mondiale.
Gli Stati Uniti
Come abbiamo visto nella precedente newsletter con la prima parte della guida, gli USA sono stati tra i principali alleati di Taiwan sin dalla fuga di Chiang Kai-Shek nel 1949 e hanno proseguito con una politica di assistenza anche dopo il disconoscimento formale di Taiwan.
È importante sottolineare che Stati Uniti intervengono nella regione con lo scopo di contenere le mire della Cina Popolare, impedendole di controllare un’isola di grande importanza geopolitica.
Tuttavia gli Stati Uniti non sono in assoluto ostili alla Cina: cercano di garantire che eventuali cambiamenti nello status di Taiwan avvengano pacificamente e solo con il consenso di entrambe le parti coinvolte (evento al momento non verificabile).
Altre potenze dell’area Indo-Pacifica
Necessitano una menzione anche l’Australia e l’India. Entrambe considerano la Cina come una potenziale minaccia alla stabilità della regione, pertanto si sono allineate alla politica di contenimento della Cina promossa dagli Stati Uniti.
Si rischia una guerra?
Ci sono 2 fattori che fungono da deterrente a un conflitto aperto tra Cina e Taiwan (e Stati Uniti).
Il primo fattore deterrente è l’economia di Taiwan e, in particolare, la sua leadership nel mercato dei semiconduttori.
Taiwan è praticamente IL fornitore mondiale di semiconduttori (90% della produzione mondiale). L’industria dei semiconduttori è fondamentale per la maggior parte dei settori industriali e non è possibile creare un distretto industriale di microchip nel breve periodo. Perciò un conflitto arresterebbe certamente l’economia taiwanese e avrebbe ripercussioni negative sia per la Cina sia per gli Stati Uniti, che dipendono dalle forniture di Taiwan per sostenere le proprie industrie.
Il secondo fattore deterrente è la politica ambigua degli USA nella regione: formalmente riconoscono la Cina Popolare come “unica Cina”. Di fatto assistono Taiwan.
Questa ambiguità non rende chiaro se gli Usa interverrebbero in caso di attacco da parte della Cina Popolare, e ciò ha contribuito a mantenere lo status quo nella regione: la Cina esita ad invadere militarmente perché non sa se rischia un intervento USA; Taiwan evita di provocare la Cina perché non sa se davvero gli Stati Uniti interverranno in suo aiuto oltre la fornitura di armamenti.
Negli ultimi anni, sia gli Stati Uniti che la Cina hanno intensificato le mosse diplomatiche e militari sulla questione dello stretto di Taiwan.
Osservando i singoli episodi con uno sguardo più complessivo, è probabile che la Cina azzardi provocazioni militari e dichiarazioni minatorie con l’obiettivo di osservare la reazione degli Stati Uniti, per comprendere se questi interverranno in caso di invasione di Taiwan.
L’obiettivo per gli Stati Uniti è palesare a sufficienza il proprio supporto a Taiwan pur nel rispetto delle formali posizioni.
In questo gioco di equilibri e ambiguità, se Xi Jinping si convincerà che esiste il modo per evitare l’intervento degli USA, è probabile che tenterà l’annessione di Taiwan così tanto ambita.