Ogni anno sul nostro pianeta piovono circa 500 milioni di miliardi di litri d’acqua (in notazione scientifica: 5x1017 litri). La maggior parte delle piogge, circa l’80%, cade direttamente sugli oceani. Il restante 20% cade sulla terraferma.
Ma da dove arriva tutta quest’acqua? E perché esiste la pioggia? Lo scopriamo subito.
Perché piove?
Una delle caratteristiche che rende il pianeta Terra unico rispetto agli altri pianeti conosciuti è la presenza dell'acqua, che esiste sulla Terra in tre stati: solido (cioè ghiaccio), liquido, gassoso (cioè vapore acqueo).
L’acqua sul nostro pianeta non è mai ferma: circola su terra, mare e atmosfera ed è sottoposta a cambi di stato in continuazione. L’insieme di tutte le trasformazioni e le movimentazioni che l’acqua subisce sulla Terra si chiama “ciclo dell’acqua”.
La pioggia, e in generale qualunque precipitazione atmosferica, è un fenomeno fisico che fa parte del ciclo dell’acqua: è il processo con cui si trasferisce l’acqua dall’atmosfera alla superficie terrestre.
Come funziona la pioggia
Tutto inizia dall’irraggiamento del Sole. L'energia solare riscalda l'acqua presente nei mari, laghi, fiumi e altri bacini idrici, trasformandola in vapore acqueo che sale nell’atmosfera. Anche le piante contribuiscono al processo di evaporazione attraverso la traspirazione, ovvero la perdita di acqua dalle foglie e dagli steli, sotto forma di vapore.
Quando raggiunge altitudini più fredde, il vapore acqueo dissolto in atmosfera si raffredda e si condensa in minuscole goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio. Questo processo porta alla formazione delle nubi, che sono aggregazioni di particelle d’acqua sospese nell’atmosfera.
Quando le goccioline d'acqua o i cristalli di ghiaccio all'interno delle nubi si aggregano e diventano abbastanza grandi e pesanti, la forza di gravità li fa cadere al suolo dando origine alla pioggia e alle altre precipitazioni.
Va detto che il vapore acqueo non si condensa da solo. Nella maggior parte dei casi esistono delle microparticelle nell’atmosfera, come polveri, ceneri, sale, attorno cui l’acqua tende a formarsi più velocemente. Queste particelle agiscono come veri e propri "acceleratori" della pioggia.
Un esempio tangibile è la pioggia mista a sabbia: i granelli del deserto vengono sollevati e trasportati attraverso l'atmosfera, agiscono come nuclei di condensazione attorno ai quali le goccioline d'acqua si aggregano e aumentano la probabilità che si verifichino precipitazioni.

Perché le nuvole non cadono?
Abbiamo visto che le nuvole sono composte da acqua, ghiaccio e altre particelle solide. Verrebbe da chiedersi allora come fanno a rimanere sospese in aria e a non cadere al suolo sotto l’effetto della forza di gravità.
La verità è che la forza di gravità è presente e agisce costantemente, ma esistono altre forze che contrastano la gravità e impediscono alle nuvole di precipitare. La forza principale in gioco è quella generata dalle correnti ascensionali.
Le correnti ascensionali sono come un vento che si sposta dal basso verso l’alto, invece che da una località a un’altra. In pratica, quando l’aria vicina alla superficie terrestre si riscalda, tende a salire di quota generando una corrente ascensionale.

Salendo dalle basse altitudini, queste correnti portano con sé anche il vapore acqueo evaporato dal mare e dalle altre fonti idriche terrestri. La dinamica è simile a un falò: l’aria riscaldata sale verso l’alto e porta con sé le particelle di fumo e cenere.
Durante la risalita lungo l’atmosfera, il vapore si raffredda e inizia a condensarsi, formando le nuvole. Man mano che la massa di particelle di acqua o ghiaccio aumenta, la forza di gravità inizia a farsi sentire.
Quando la spinta verso l’alto delle correnti ascensionali diventa uguale alla spinta verso il basso esercitata dalla gravità, la nuvola rimane sospesa in quota (anche se in realtà la nuvola è sempre un po’ in movimento e in continua evoluzione).
Come funziona la misurazione della pioggia
Le precipitazioni si misurano attraverso uno strumento chiamato pluviometro. Esso consiste in un recipiente graduato, in cui cade direttamente la pioggia durante il temporale.
L’unità di misura del pluviometro è il millimetro: quando si parla di "millimetri di pioggia", ci si riferisce alla colonna di acqua accumulata nel pluviometro in un determinato periodo di tempo.
Ad esempio, se in un'ora cadono 10 mm di pioggia, significa che in quell’ora nel pluviometro si è accumulata una colonna d’acqua alta 10 mm (cioè 1 cm).
Sapere quanta pioggia si accumula nel pluviometro ha una doppia utilità:
Serve a determinare la quantità di acqua che cade su un territorio durante un temporale: 1 mm di pioggia è pari a 1 litro per ogni metro quadrato di superficie. Ad esempio, se si rilevano 10 mm di pioggia nel pluviometro, ciò indica che si sono depositati 10 litri d'acqua per ogni metro quadrato di terreno.
Serve a confrontare la piovosità di due località, a prescindere dalla loro estensione. Per esempio, se leggo che Milano ha una media annuale di 950 mm e Roma ha 800 mm, potrò sostenere che il clima di Milano è più piovoso, a prescindere dalla diversa dimensione dei due comuni.
I luoghi più piovosi al mondo (e quelli meno piovosi)
Le precipitazioni variano notevolmente da un luogo all'altro della Terra.

Secondo il Guinness dei primati, le località più piovose al mondo si trovano in India, nello stato del Meghalaya (India Nord-Orientale). Qui si sono registrate le medie annuali più alte al mondo (11.873 mm, cioè quasi 12 metri di pioggia, in località Meghalaya) e anche l’anno più piovoso di sempre (26.470 mm, in località Cherrapunji).
La località meno piovosa della Terra si trova invece in Cile e si chiama Quillagua. Qui si sono verificati appena 3 rovesci di pioggia in 30 anni. La media di accumulo per questi tre eventi è stata di soli 0,5 mm.
L’odore della pioggia
Chiudiamo questo numero dedicato alla pioggia con una curiosità lessicale. Hai presente l’inconfondibile odore che si sente quando comincia a piovere?
Si chiama petricore.
Il petricore è dovuto a una combinazione di composti chimici rilasciati dal suolo e dalle piante quando entrano a contatto con l’acqua dopo un periodo di siccità. Tra questi composti, quello che contribuisce maggiormente a generare il petricore è la geosmina, perché è una molecola alla quale il naso dell’essere umano è particolarmente sensibile.