Censimenti curiosi (10+1 storie su come abbiamo provato a contarci)
La tua dose settimanale di cultura generale! || Edizione del 146° giovedì || 4 min. di lettura
Contarci sembra un gesto semplice: basta compilare una scheda, aggiungere un numero, aggiornare un registro. Eppure, ogni volta che l’umanità ha provato a “fare i conti con se stessa”, ha dovuto affrontare paure, superstizioni e desideri di controllo.
🍷 Che storia!
L’aneddoto della settimana.
Il giorno in cui il censimento fece arrabbiare gli dèi
Immagina Roma nel V secolo a.C.: una città in espansione, ancora lontana dall’impero, ma già ossessionata dall’ordine.
Le strade pullulano di mercanti e soldati, e al centro della vita civica c’è il census, il rito con cui lo Stato misura se stesso.
Ogni cinque anni i cittadini liberi si recano nel Campo Marzio per “farsi contare”. Non è un semplice atto burocratico, ma un rituale che intreccia politica e religione. I censores pronunciano formule sacre; ogni cittadino giura di dire la verità e dichiara beni, terre e famiglia. Al termine, la lustratio - una cerimonia di purificazione - chiude il ciclo. Contare le persone, per i Romani, significa definire il corpo dello Stato e purificarlo insieme.
Nel 459 a.C., però, qualcosa va storto. Pochi giorni dopo la chiusura del censimento, Roma è colpita da una pestilenza. Le cronache raccontano un’ondata di panico: templi pieni di offerte, indovini consultati giorno e notte. Il popolo, incapace di spiegare la sciagura, trova un colpevole simbolico: il censimento stesso. Si mormora che qualcuno abbia trascurato il rito di purificazione, o che i censori abbiano contato “senza chiedere il permesso agli dèi”.

Numerare gli uomini, in fondo, è sempre un modo per sfidare il mistero della vita. Da allora nessun censimento romano verrà più fatto senza sacrifici e preghiere. Contare non bastava: bisognava anche benedire i numeri, per renderli accettabili al cielo.
E, a pensarci, non siamo così diversi oggi. Ogni volta che aggiorniamo i nostri dati, riaffiora la stessa tensione: vogliamo misurare tutto, e temiamo ciò che i numeri rivelano.
⚡️ Pillole 10 x 10 → Censimenti curiosi
Dieci curiosità da dieci secondi. Per conoscere, stupirsi, riflettere.
Guglielmo il Conquistatore e il libro che spaventò l’Inghilterra.
Quando nel 1086 Guglielmo ordinò il Domesday Book, l’Inghilterra non aveva mai visto nulla di simile: ogni terreno, capanna, mucca e servo vennero registrati con una precisione spietata.I contadini lo chiamarono “il libro del giudizio finale” perché, una volta scritto, non si poteva più contestare nulla. Più che un censimento, era un atto di potere: contare per dominare. Eppure, proprio da quel libro nasce la moderna idea di “catasto” e di stato centralizzato.
Il primo censimento “moderno”.
Nel 1749 la Svezia fonda il Tabellverket, il primo ufficio nazionale di statistica del mondo. I pastori protestanti, oltre a predicare, dovevano registrare nascite, morti e matrimoni nei villaggi. In un’Europa che ancora si affidava ai racconti dei notabili, la Svezia decise che la conoscenza di un popolo non poteva più passare solo dalla parola, ma dai numeri.
Il primo censimento “computato”.
Nel 1890, gli Stati Uniti si trovarono davanti a un problema mai visto prima: troppa gente da contare. Il censimento precedente (1880) aveva richiesto otto anni per essere elaborato a mano.
Entrò in scena un giovane ingegnere, Herman Hollerith, che propose di automatizzare il conteggio con una macchina capace di leggere schede perforate. Ogni scheda rappresentava una persona; i buchi corrispondevano a dati demografici (età, sesso, colore della pelle, stato civile, ecc.). Un sistema elettromeccanico li “leggeva” con contatti metallici e impulsi elettrici. Il risultato? Il censimento fu completato in poco più di due anni, invece degli otto precedenti.
La nascita dell’IBM.
La macchina di Hollerith per realizzare il censimento fu poi adottata da aziende assicurative, ferrovie e governi. Era nata la Computing-Tabulating-Recording Company, pioniera dell’informatica applicata. Qualche anno dopo, nel 1924 sarebbe diventata…la IBM, l’azienda informatica che avrebbe dominato la scena per i successivi 50 anni.
L’Australia e la Ford del censimento.
Negli anni Sessanta l’Australia era alle prese con un problema: come convincere milioni di cittadini a partecipare al censimento? Nel 1967 la risposta fu geniale (e un po’ folle): una lotteria nazionale con in palio un’auto nuova, una Ford Falcon. Le famiglie fecero la fila per registrarsi, i giornali parlarono di “festa della democrazia statistica”.
Fu un espediente pubblicitario, sì, ma anche un piccolo esperimento sociale.
L’India e l’arte impossibile di contare un miliardo di persone.
Ogni dieci anni l’India mette in moto il più grande censimento del pianeta. Milioni di operatori attraversano deserti, foreste, quartieri caotici e villaggi senza strade, raccogliendo dati casa per casa. Nel 2011 furono registrati oltre 1,2 miliardi di individui e 245 milioni di famiglie. Ci vollero 11 milioni di questionari e quasi un anno di lavoro.
Ogni riga compilata a mano ricorda che dietro i “grandi numeri” ci sono piccoli gesti: matite, sguardi, conversazioni e spesso… incomprensioni linguistiche tra centinaia di dialetti.
Il Bhutan e il censimento delle creature invisibili.
Quando nel 1971 il piccolo Bhutan decise di realizzare il suo primo censimento, non si limitò agli umani. Per rispetto alla visione buddista del mondo, i monaci pretesero che si contassero anche gli animali e persino gli spiriti dei defunti. Non si trattava di superstizione, ma di armonia: il regno, spiegavano, non può esistere senza tener conto di ogni forma di vita che lo abita, visibile o meno. Forse il modo più gentile che l’umanità abbia trovato per dirsi: anche ciò che non si vede conta.
Contarsi senza farsi maledire.
Nel censimento israeliano del 1983, molte comunità ultraortodosse si opposero: contare le persone, dice il Libro di Samuele, porta sfortuna. Il governo trovò una soluzione ingegnosa: invece di contare gli individui, contò le mezuzot, le piccole pergamene sacre appese agli stipiti delle case. Ogni casa, una mezuzah; ogni mezuzah, una famiglia.
E così, senza offendere la tradizione, il censimento si compì, dimostrando che, se rispettano i valori di tutti, anche i numeri possono unire.
Il censimento dei Jedi.
Nel 2011, nel Regno Unito, 390.000 persone dichiararono come religione ufficiale “Jedi”. Era un riferimento ironico a Star Wars: i Jedi, nell’universo della saga, sono i “cavalieri della Forza”, custodi di equilibrio e saggezza. L’idea nacque come uno scherzo online, ma rivelò qualcosa di serio: un modo ironico per dire “non mi riconosco in nessuna fede tradizionale”. Il governo, divertito e perplesso, dovette aggiungere la voce “Altre religioni - Jedi” nei risultati ufficiali.
Forse il modo più british di dire: “prendiamoci sul serio, ma non troppo”.
Estonia: il popolo che si conta con i click.
Nel 2020 l’Estonia ha realizzato il primo censimento completamente digitale. Ogni cittadino ha ricevuto un link personalizzato e in meno di 48 ore il 65% aveva già compilato i dati. Grazie all’identità elettronica nazionale, tutto è avvenuto senza carta, firme o code.
Un traguardo che mostra come la fiducia nei sistemi digitali non sia solo una questione tecnologica, ma culturale: contarsi, in Estonia, è ormai un atto di cittadinanza digitale.
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I dati della popolazione mondiale in diretta → Lunedì prossimo su Cultura 360.
Contare è solo l’inizio: comprendere i dati è la vera sfida.
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— Federico Fellini






