Come viaggia l’elettricità in un filo elettrico? (E altre pillole di cultura generale)
Cultura Aumentata - Newsletter n° 55 - Tempo di lettura: 4 minuti
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- Strano ma vero -
💡 Il “silbo gomero” è una lingua fischiata delle Isole Canarie. Consente di comunicare a distanza attraverso i fischi, senza l’utilizzo della parola.
- La domandina -
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- Cultura visuale -
L’opera d’arte
“Il castello dei Pirenei” di René Magritte
Informazioni principali
Artista: René Magritte
Data: 1959
Corrente stilistica: Surrealismo
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 200 cm x 145 cm
Ubicazione: Museo d'Israele, Gerusalemme
Analisi dell’opera
Magritte realizzò diverse opere con il tema della roccia fluttuante: "Il castello dei Pirenei" è tra le più note e rappresentative di questo motivo ricorrente. Sembra che l’artista fosse particolarmente affascinato dall'idea di sfidare la gravità, con lo scopo di mettere in discussione le nostre percezioni e aspettative sulla realtà.
L'opera ritrae un masso gigante sospeso in aria, sul quale è edificato un castello. Questa immagine si staglia in un gioco di contrasti ben orchestrato: un cielo tranquillo e realistico funge da sfondo per l’immagine surreale, mentre al di sotto, le acque movimentate del mare trasmettono una sensazione opposta a quella di un enorme monolite sospeso nel vuoto.
Non vi sono riferimenti visivi che offrano una spiegazione logica alla scena, e questo stimola lo spettatore a soffermarsi e ricercare un significato più profondo. Il castello rappresenta spesso la sicurezza, la stabilità o il potere. Tuttavia, posizionato su un masso sospeso nel vuoto, evoca un senso di precarietà e interrogazione sulla realtà delle nostre convinzioni e certezze. L'opera può essere interpretata come una riflessione sulla natura effimera della realtà e delle costruzioni umane, sia fisiche che metaforiche.
Magritte utilizza una tecnica meticolosa, quasi fotorealistica, che rende l'irreale sorprendentemente reale. Osservando il quadro, dopo un po’ si è quasi tratti a percepire il vento e il frangersi delle onde, creando un contrasto unico tra la quiete solenne del soggetto principale e l'impetuosa vivacità degli elementi naturali.
- Cultura scientifica -
Fisica
Come viaggia l’elettricità in un filo?
Immaginiamo di rimpicciolirci fino a diventare abbastanza piccoli da poter viaggiare all'interno di un filo elettrico e osservare cosa succede.
La corrente elettrica
All’interno del filo elettrico scorrono gli elettroni. Gli elettroni liberi in un materiale si muovono attraverso il reticolo cristallino del filo, guidati da un campo elettrico che viene generato dalla differenza di potenziale ai capi del circuito, detta anche tensione e misurata in Volt. È questo campo a dar loro la spinta necessaria per avanzare.
La lentezza degli elettroni
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la velocità con cui gli elettroni avanzano lungo il filo è sorprendentemente lenta, dell'ordine di qualche centimetro all’ora. Eppure la trasmissione dell'energia elettrica attraverso il filo avviene a una velocità che si avvicina a quella della luce. Questo perché quando un elettrone si muove, “spinge” il prossimo quasi istantaneamente, propagando l'effetto lungo tutto il filo molto rapidamente.
Il circuito elettrico
Perché l'elettricità possa fluire, è necessario un circuito chiuso, ovvero un percorso completo che gli elettroni possano seguire.
Il doppio filo in un cavo elettrico serve proprio a questo: un filo porta gli elettroni all'apparecchio che li utilizza, mentre l'altro filo li riporta indietro, completando il circuito. Per lo stesso motivo le prese elettriche hanno 2 fori e le linee elettriche ad alta tensione hanno sempre cavi in coppia: sono il percorso di andata e quello di ritorno.
Ora che abbiamo parlato di circuito chiuso, potrai intuire che cosa accade quando azioniamo un “interruttore”: stiamo aprendo il circuito interrompendo la circolazione degli elettroni. E la luce o l’elettrodomestico si spengono!
- Cultura umanistica -
Storia
La battaglia di Canne (216 a.C.)
Passiamo a uno degli episodi più studiati della storia militare, famoso per la geniale tattica di Annibale contro l'esercito romano.
La seconda guerra punica
La seconda guerra punica (218-201 a.C.) fu uno scontro prolungato tra Cartagine e Roma, due superpotenze del Mediterraneo antico. Dopo aver attraversato le Alpi in una delle marce militari più audaci della storia, Annibale entrò in Italia con l'intenzione di costringere Roma alla resa attraverso una serie di vittorie decisive. Canne, nell’attuale Puglia, rappresentava un'opportunità per Annibale di infliggere un colpo così devastante da costringere Roma a negoziare la pace.
La tattica militare
Le premesse non erano incoraggianti: i Cartaginesi erano in netta inferiorità numerica, con circa 50.000 uomini contro gli 86.000 di Roma.
Annibale schierò le sue truppe in modo innovativo: al centro posizionò le unità meno esperte, affiancate da fanteria pesante e cavalleria sui fianchi. Mentre i romani spingevano al centro, convinti di essere vicini alla vittoria, Annibale ordinò ai fianchi di avanzare, accerchiando completamente il nemico. Questa manovra portò a una delle più grandi disfatte nella storia di Roma, con stime di perdite che variano dai 50.000 ai 70.000 uomini.
Nonostante ciò, Roma rifiutò di arrendersi e alla fine prevalse nella guerra. Tuttavia la battaglia di Canne rimane un punto di riferimento nella storia militare per l'ingegnosità di Annibale, dimostrando che una buona tattica può prevalere anche contro un nemico numericamente superiore.
P.S. La risposta della domandina è:
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